Saluti del Segretario Generale (Ulisse) e del Comitato Centrale

(nuovo)Partito comunista italiano

Comitato Centrale

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30 giugno 2017

Saluto del (n)PCI in occasione della presentazione di Il proletariato non si è pentito (Festa della Riscossa Popolare)


Cari compagni,

ringrazio i compagni della sezione “Lidia Lanzi” del Partito dei CARC di Reggio Emilia che danno al nuovo PCI la possibilità di parlarvi e ne approfitto per illustrare perché noi riteniamo molto utile studiare e far conoscere Il proletariato non si è pentito, il libro curato dalla compagna Adriana Chiaia e pubblicato da Giuseppe Maj Editore nel 1984. E questo in particolare a Reggio Emilia, una città e una provincia che hanno avuto un ruolo importante nella lotta di classe di cui tratta il libro in questione.

Il proletariato non si è pentito tratta della lotta armata rivoluzionaria che si è sviluppata in modo diffuso nel nostro paese, ma anche in tutti i paesi imperialisti, al culmine del periodo del “capitalismo dal volto umano”, i “trenta gloriosi”. Così sono anche chiamati nelle pubblicistica corrente i trenta anni (1945-1975) seguiti alla fine della seconda Guerra Mondiale. Furono i trenta anni successivi alla vittoria sul nazifascismo, alla vittoria dell’Unione Sovietica guidata da Stalin e poi della Repubblica Popolare Cinese guidata da Mao Tse-tung [e dell’eroica lotta antimperialista di liberazione nazionale del popolo del Vietnam guidato da Partito comunista di Ho Chi Minh]. In Italia furono gli anni successivi alla vittoria della Resistenza guidata dal PCI. Furono gli anni della grande avanzata nel mondo intero della prima ondata della rivoluzione proletaria sollevata dalla Rivoluzione d’Ottobre. Durante quegli anni in tutti i paesi imperialisti le masse popolari riuscirono a strappare alla borghesia, atterrita dall’avanzata della rivoluzione socialista nel mondo, grandi conquiste di civiltà e di benessere: in termini di condizioni di vita e di lavoro, di assistenza sanitaria, di istruzione pubblica e in generale di servizi pubblici. In sostanza quelle conquiste che negli ultimi decenni invece in tutti i paesi imperialisti la borghesia ha in gran parte liquidato e sta cercando di liquidare del tutto: in Italia di questi tentativi è ancora piena la cronaca di questi mesi.

Al culmine del periodo del “capitalismo dal volto umano” la lotta armata in modi e in misure diverse si diffuse tra le masse popolari di tutti i paesi imperialisti: era il sintomo che era impossibile andare avanti strappando una conquista dopo l’altra, progredire di conquista in conquista [: la borghesia “non ne poteva più”, la nuova crisi generale per sovraccumulazione di capitale cominciava a “mordere”]. Le masse popolari potevano continuare a progredire, ma la classe operaia doveva prendere il potere, bisognava instaurare il socialismo.

In Italia tra tutti i gruppi e gli organismi della lotta armata le Brigate Rosse espressero più chiaramente la legge storica che per instaurare il socialismo la classe operaia deve avere alla sua testa un partito comunista che sia all’altezza del suo compito: non come il Partito Socialista del Biennio Rosso (1919-1920), non come era diventato il PCI sotto la direzione di prima di Togliatti e poi di Longo e Berlinguer. “Ricostruire il partito comunista tramite la propaganda armata” fu infatti la linea guida delle Brigate Rosse. Per questo le Brigate Rosse divennero il bersaglio principale della borghesia e dei revisionisti che da tempo avevano preso in mano la direzione del vecchio glorioso partito comunista e ne avevano fatto un puntello del regime: ruolo che in definitiva nei decenni successivi ha portato il vecchio PCI alla dissoluzione fino a generare oggi il partito di Matteo Renzi.

Il proletariato non si è pentito tratta dello scontro tra rivoluzione e controrivoluzione negli anni ’70 e i primi anni ’80. Per questo è importante leggerlo. Perché è una storia che oggi la borghesia, quando non la nasconde, la denigra, fa opera di intossicazione. Non la insegnano giusta in nessuna Università.

Invece proprio il corso catastrofico delle cose che la borghesia attualmente impone al mondo rende molto utile comprendere la storia di quello scontro. In sintesi chi leggerà Il proletariato non si è pentito vedrà che certo la borghesia è riuscita a vincere, ha soffocato le Brigate Rosse e in generale la lotta armata rivoluzionaria. Certamente per vincere ha dovuto violare le proprie leggi, violare la Costituzione del 1948 ancora più di quanto aveva fino allora fatto con la NATO, Gladio e altro. Per tagliare l’erba sotto i piedi della Brigate Rosse dovette violare ogni pratica e diritto di civiltà. La tortura divenne nuovamente [non sporadicamente ma sistematicamente] metodo di indagine della polizia e degli altri corpi armati dello Stato, il generale Carlo Alberto della Chiesa divenne l’eroe della borghesia. Ma chi legge con attenzione quel libro vedrà anche che il motivo principale per cui la borghesia riuscì a vincere, fu la debolezza ideologica proprio delle Brigate Rosse. Esse si lasciarono trascinare dalle altre organizzazioni combattenti sul terreno del militarismo, a ridurre cioè la lotta di classe allo scontro militare. Così arrivarono a perdere il grande seguito che avevano conquistato nelle maggiori fabbriche del paese e tra le masse popolari, anziché aumentarlo man mano che proprio a partire dall’ultima parte degli anni ’70 si sviluppava sempre più la nuova crisi generale del capitalismo e i paladini del capitalismo tra gli operai e le masse popolari dovevano sempre più abbandonare la linea delle conquiste economiche e pratiche: la svolta dell’EUR imposta nella CGIL da Luciano Lama è del 1978 e contemporaneamente Giorgio Benvenuto (UIL) proclamava che “gli operai devono rendere alla borghesia una parte di quello che hanno conquistato”.

La deriva militarista delle BR che le portò alla sconfitta è ben comprensibile leggendo la terza parte del libro curato dalla compagna Chiaia. È una deriva che è ancora più apertamente illustrata da un altro libro che invito a leggere, molto utile per i compagni che vogliono capire e utilizzare quello che la storia della lotta di classe di quegli anni insegna: Cristoforo Colombo pubblicato clandestinamente nel 1988 da un gruppo che si firma Pippo Assan e che è disponibile sul sito del (nuovo)Partito comunista italiano (www.nuovopci.it).

Il (nuovo) Partito comunista è nato assimilando la lezione della scontro di classe di cui tratta Il proletariato non si è pentito, oltre che della storia generale del movimento comunista. Chi vuole porre fine all’attuale catastrofico corso delle cose deve riprendere la lotta per instaurare il socialismo. Quindi anzitutto costruire un partito comunista all’altezza del suo compito di promotore della mobilitazione e dell’organizzazione delle masse popolari a fare la rivoluzione socialista.

La rivoluzione socialista è possibile e necessaria, ma non scoppia: è una guerra che le masse popolari e in primo luogo gli operai fanno contro la borghesia. Ma le masse popolari sono in grado di farla solo se i comunisti formano un partito che conquista la fiducia delle masse popolari e sulla base di questo le dirige a lottare contro la borghesia fino a instaurare il socialismo. Le masse popolari, anzi l’umanità intera hanno bisogno del socialismo e del comunismo, ma è come una popolazione che ha bisogno di una casa per proteggersi dalle intemperie che montano sempre più forti da ogni parte: la casa non sorge perché ne hanno bisogno. Anche se in natura c’è tutto quello che occorre per fabbricarla, non basta: occorrono organizzazione, un progetto, un piano e una direzione. E la borghesia e il clero ricorrono a ogni mezzo perché le masse popolari non siano capaci di darseli: pensare per chi non è stato educato dall’infanzia a farlo è l’attività più difficile e faticosa per gli esseri umani. Ci vuole il particolare sforzo che ogni comunista individualmente fa e la particolare disciplina che si dà, più la scuola del Partito, per imparare a pensare al livello necessario per fare la rivoluzione socialista.

La combattività delle masse popolari cresce e si diffonde solo se esse si ritrovano con un centro che si è reso esso stesso, con la sua attività, in grado di coagulare e catalizzare il loro malcontento e incanalarlo verso un obiettivo giusto. Non è la combattività delle masse popolari che crea il centro (lo abbiamo visto in Italia nel Biennio Rosso, in Germania, in Austria e in vari altri paesi nella stessa epoca, in Italia ancora dopo la vittoria della Resistenza nel 1945); è l’avere un centro che si è conquistato la loro fiducia che rende le masse popolari combattive. Ora è proprio un partito comunista che non solo indica una giusta via di lotta, ma è autorevole, è già centro di riferimento per le ampie masse, quello che ancora manca nel nostro paese. Il nuovo PCI non è ancora quel centro. Lottiamo perché lo diventi.

Creare un simile centro resta quindi il problema da risolvere. Ma è un problema risolvibile. Nessun dei grandi partiti comunisti è nato grande, lo è diventato. Ebbene è quello che noi stiamo facendo con la linea del Governo di Blocco Popolare: ricostruire un centro autorevole perché conquista la fiducia delle masse popolari, che con un simile centro dispiegheranno i miracoli di combattività e di eroismo che hanno dispiegato in altre analoghe circostanze.

Il fattore chiave, determinante per fare con successo la rivoluzione socialista è, oggi come lo era ieri, un partito comunista che padroneggia e applica con creatività e abnegazione il marxismo-leninismo-maoismo, senza riserve né intellettuali né morali. Noi vogliamo essere questo e una scuola di formazione per tutti quelli che decidono di associarsi con noi. Arruolarsi è l’appello che rivolgiamo a ogni persona di buona volontà, a ogni lavoratore avanzato, a ogni giovane e a ogni donna generosi, capaci di dedicarsi a un’impresa difficile ma necessaria e quindi destinata alla vittoria.

Siate rigorosi nel pensare. La borghesia fa di tutto per distogliere le masse popolari dal fare la rivoluzione, pone mille ostacoli a che imparino a pensare. Ma non è in grado di impedire a noi comunisti né di pensare né di ispirare le masse popolari e mobilitarle per fare la rivoluzione socialista fino a instaurare il socialismo.

Il terreno è fertile e la stagione propizia per avanzare nella rivoluzione socialista.

È in questa prospettiva che a nome di tutti i membri del (nuovo) Partito comunista italiano auguro successo alla vostra riunione.

Compagno Ulisse, segretario generale del Comitato centrale del (n)PCI.